sabato 2 gennaio 2010

"La potenza mnemonica"

Ho trovato questo articolo interessante per il mio approfondimento, l'argomento tratta sulla "potenza mnemonica" delle nuove tecnologie, che è stato oggetto anche in una delle nostre riflessioni in aula.
La "potenza mnemonica" che le informazioni e le comunicazioni tecnologiche hanno acquisito grazie alla digitalizzazione.
Ciò che viene immesso nella rete entra a far parte di un circuito "connettivo" e "collettivo" regolato da principi e codici che differiscono da quelli che governano la vita reale: nella rete le dimensioni temporali e spaziali dell'informazione perdono la loro funzione stabilizzatrice e tutto è destinato a perdurare nel tempo e a diluirsi nell spazio con la conseguenza che ogni contenuto, ogni bit d'informazione immesso sfugge nell'immediatezza alle nostre azioni come anche ad ogni nostra intenzione di controllo su di esso.
Da qui emerge ancora una volta "un'emergenza educativa": far prendere coscienza ai giovani di ciò che avviene quando esponiamo i prodotti della nostra creatività, riferiti alla nostra vita intima e personale, ai rischi della condivisione e dell'interazione sociale.

6 commenti:

  1. Ritengo anch'io che la tecnica non debba mai sfuggirci di mano, pena un annichilimento dell'uomo.

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  2. Delegare la memoria ad altri... forse così saremo perlomeno più felici. Nietzsche infatti attribuiva la felicità delle pecore alla mancanza di memoria e di converso l'infelicità dell'uomo all'uso di questa facoltà. Meditiamo

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  3. Cara Margherita, credo che tu ti stia riferendo alla discussione fatta in aula sull'identità personale, nostra e altrui, di per sè sempre fluida e in divenire, che al contrario in rete, attraverso le nostre tracce rimane molto più statica. Per certi aspetti condivido ciò che metti in luce ma per altri mi pongo delle domande. Anche chi scrive un libro, un articolo o diffonde una foto si espone allo stesso pericolo o no? E allora il compito educativo di cui parli è quello che da sempre svolgono (o dovrebbero svolgere)i genitori ricordando ai loro figli la cautela nell'esporsi per le conseguenze che ciò comporta per se stessi e per gli altri? Ma l'istintività comunicativa è ciò che caratterizza i giovani che sicuramente oggi in Internet possono avere opportunità amplificate di esprimersi pubblicamente. Come conciliare la spontaneità comunicativa con la razionale consapevolezza di non dire cose compromettenti e lesive? È un problema educativo atavico, di relazione generazionale che, secondo me, rimanda in prima istanza alla mancanza di comunicazione all'interno della famiglia. La scuola oggi, può affrontare tale problema solo attraverso un insegnamento aperto al dialogo. E quando dico dialogo non intendo la predica del docente agli studenti, ma la problematizzazione della questione che partendo dai ragazzi stessi li porti ad analizzare criticamente ed empaticamente il problema valutandone tutte le sfaccettature possibili. A partire da quest’analisi essi possono deliberare scelte utili e consapevoli per il loro agire etico quotidiano. Questa operazione educativa, che richiede grande preparazione da parte dei docenti, a mio avviso, va paradossalmente in senso opposto a cio che dice Nietzsche....... Ma per questa parte rispondo a Davide.

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  4. Ciao Davide... la questione della memoria Nitzschiana che tu hai posto la vedo in contrasto con l'educare ad essere prudenti nel diffondersi e nel diffondere in rete, così come mi sembra abbia inteso Margherita. Infatti, per educare a tale cautela che rimanda ad una scelta etica dell’agire il docente dovrebbe far nascere nello studente una possibile prefigurazione di scenari negativi futuri alla luce di esperienze passate. E' evidente, infatti che per poter dire che ci potrebbe essere un pericolo futuro dovrei far emergere dall’esperienza stessa dei ragazzi, degli esempi del passato che comprovino l'attendibilità di questa possibilità.
    Ma questo è proprio il contrario di ciò che sostiene Nietzsche che dice che la felicità consiste nel non farsi bloccare l'esistenza dalla memoria del passato (Contro lo storicismo). Non dimentichiamo che per Lui la morale cristiana è la morale dell’uomo debole che ha ucciso la vitale morale dei “cavalieri”.
    Non solo. Mi sembra poi di poter dire che dal punto di vista etico-educativo le categorie della “pecora” e dell’ “uomo” che l’Autore ha posto non siano più adatte a leggere il mondo di oggi, nè tantomeno possono aiutarci a guidare il nostro agire. Come fare a scegliere, infatti, se essere pecora o uomo nel nostro tempo?
    In internet non c’è un ieri e un oggi scandito chiaramente, ma un tempo indefinitamente dilatato in cui anche il passato è sempre presente. In questo mondo anche la pecora Nitzschiana sarebbe infelice tanto quanto lo è l’uomo, dato che la memoria non sarebbe più relegata al “ieri” ma sarebbe un continuo “oggi”. Comunque, una cosa è certa. Anche per Nietzsche lo stato della pecora è uno stato precluso all’umanità e per quanto si possa cercare di essere superuomini, sforzandosi di andando oltre i nostri stessi limiti che ci riportano costantemente verso lo stato animale, la memoria è un limite/potenzialità umano dalla cui gestione può dipendere la grandezza o la miseria dell’uomo.

    Ma forse non ho inteso bene cosa volevi dire.....
    Forse ti riferivi al fatto che internet finisce per costituire degli archivi di identità che nostro malgrado possono incidere nel nostro presente rovinandolo pericolosamente?

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  5. Più che altro la mia era una battuta in libertà, nata dalla considerazione che se si delega tutta la memoria alla macchina, l'uomo può permettersi di rendere atrofica la sua di memoria, rendendosi così dipendente ad un medium, e negandosi la possibilità di una "morale da signore", dove egli fa ciò che decide in autonomia.
    Penso sia giusto perdere la memoria che blocca per librarsi nell'avvenire, ma senza delegare niente a nessuno, casomai facendoci aiutare dalle macchine in ciò.
    Ma questo è solo il pensiero di Nietzsche che mette al centro l'uomo per liberarlo da tutti i lacci e lacciuoli e renderlo Oltreuomo, ma ripeto, non è una Verità, per cui ben ne vengano di altre, sperando siano sempre con la v minuscola, altrimenti siamo daccapo.

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  6. ...caspita! ho proprio interpretato alla grande. però lo spunto era davvero interessante.

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